Nel pre-partita di Udinese-Milan, il Responsabile dell'Area Scouting Andrea Carnevale ha presentato il suo libro "Il destino di un bomber" scritto assieme a Giuseppe Sansonna, Un'opera dove l'ex calciatore si racconta nel calcio ma soprattutto al di fuori dal calcio. Nell'intervista il direttore ha toccato tutti questi aspetti, soprattutto soffermandosi sul femminicidio, tema quanto mai d'attualità: “Siamo qui in un contesto straordinario con tutti voi e speriamo che oggi l'Udinese possa anche vincere per chiudere al meglio la serata. Sono responsabile dell'area tecnica grazie alla fiducia della famiglia Pozzo, una famiglia che lavora bene da 30 anni e io sono qua da 24, ogni volta che giro il mondo gli altri osservatori mi dicono che siamo dappertutto. Questa è la linea che ha dato il signor Pozzo. A volte i giocatori non li riusciamo a prendere, ma l'Udinese dev'essere ovunque, fino al calcio interregionale. Quando mi dicono cose così è un orgoglio per me e di questo bisogna dire grazie al presidente”.

Un passaggio sul calcio, dall'Udinese il trasferimento al Napoli di Maradona:

“Il Napoli doveva andare in Coppa Uefa, avevo già firmato per il Napoli, quindi non mi interessava niente che dovesse andare in coppa. Ho fatto gol, c'era Bagni che mi minacciò la tribuna l'anno dopo, allora gliene promisi un altro e feci doppietta. Questo per far capire la professionalità, non mi sono fatto intimorire da nessuno, da Salvatore Bagni a Maradona, in campo diventavo cattivo, poi fuori era un'altra storia, ma in campo davo tutto e feci quella doppietta. Colui che mi ha convinto ad andare il Napoli fu proprio il presidente Pozzo, a me piaceva più la maglietta giallorossa, ma rimarcò il fatto che avrei giocato con Maradona, avevo firmato solo un accordo preliminare ma poi mi sono convinto del tutto e sono arrivato al Napoli grazie a quanto fatto a Udine. Questa è un po' poi la filosofia che portiamo noi, crescere i giocatori che poi vanno in grandi squadre, anche se a volte il presidente gli tira le orecchie (ride ndr)”.

La sua famiglia dopo la separazione:

“La separazione dev'essere consensuale, liberatoria e pacifica, quella è stata la mia prima separazione. Una volta si faceva l'Eurochampions qui a Udine e c'ero anche io su invito della famiglia Pozzo, la notte andai poi a fare una serata a Lignano e lì ho conosciuto quella che ora è mia moglie. Mi sono rialzato grazie alla famiglia Pozzo e a mia moglie. Mia figlia poi mi dà grandi soddisfazioni, vive a Milano quindi sono anche delle spese, spero riesca a laurearsi in fretta (ride ndr). Purtroppo il femminicidio è attuale, io sono vittima di femminicidio, sono voluto scendere in campo affinché si faccia qualcosa per contrastare questo problema, ero solamente 14enne quando è successo ed ero già un adulto. Ero maturo per l'età che avevo, dopo l'atto efferato e brutale mi chiedevo come saremmo andati avanti con 7 bambini. Devo ringraziare le mie sorelle, una purtroppo non c'è più, era quella maggiorenne, non sappiamo cosa sia successo forse è morta di dolore, ma è stata lei a tenerci uniti evitando i servizi sociali. Io vedevo solo il calcio e lei mi riportava sempre sulla strada giusta, andavo a lavorare, guadagnavo 15 mila lire, una cifra alta per l'epoca, e mi allenavo alla sera. Poi è arrivato il Latina, l'inizio dell'avventura che mi ha portato fino al Mondiale, poi purtroppo andato un po' male. Sono stato la fortuna di Totò Schillaci che cito nel libro e anche a lui va un pensiero”.

La sua vita dopo la morte della madre:

“Andrea Carnevale è diventato un bel giocatore di Serie A, un campione, ho vinto, ho avuto la fortuna di guadagnare. In sette poi però due dei figli hanno avuto gravi conseguenze, una delle sorelle a volte legge le mie interviste e magari si arrabbia, perché lei quanto successo non lo ha superato, stessa cosa uno dei fratelli. Secondo me è arrivato il momento però per voltare pagina, sono un dirigente dell'Udinese ora, poi però chiaramente voglio fare qualcosa di concreto nella lotta ai femminicidi. Le cose che insegno ai miei figli sono semplici, bisogna essere puliti, trasparenti, correnti, non mi interessa lucrare sul libro, è da circa un anno che hanno cercato di convincermi a scrivere la mia storia, ho dato l'ok a patto che non si parlasse di soldi. I giovani di oggi devono avere senso di umanità e responsabilità nei confronti dei genitori, una cosa che sta un po' sparendo. Sentivo il dovere di fare qualcosa, mi hanno contattato per dire la mia su una eventuale legge contro i femminicidi e ho detto la mia. Da piccolo mia madre mi diceva di non andare dai carabinieri, ma io ci andavo ugualmente, ma mi dicevano che le mani erano legate a meno di fatti compiuti. Allora un giorno gli ho portato il sangue di mia madre in caserma, gli ho detto 'ecco il sangue di mia madre, si poteva evitare'”.

La figura del padre:

“Volevo dare un altro messaggio. Al di là di quello che ha fatto mio padre, non ho mai provato un odio per quest'uomo. Quando giocavo nell'Avellino, cominciando a diventare un po' famoso dopo il primo gol in Serie A, il prete mi disse che mio padre voleva vedermi perché nel manicomio per criminali stava impazzendo. Io sono andato a trovarlo con gioia ad Aversa per abbracciarlo, ma dopo 30 secondi ha detto la stessa frase che si dice spesso dopo un femminicidio oggi, era geloso di mia madre ma aveva 7 figli, non si capiva come potesse tradirlo, eppure si era creata comunque la malattia. Purtroppo disse la frase, mio fratello allora cominciò a picchiarlo interrompendo il colloquio. Mi sono arrabbiato perché volevo capire dopo 5 anni come stava mio padre, doveva uscire, tornare a casa e invece ancora dolori. Non odiate i papà, non si odiano, si abbracciano, bisogna dargli affetto”.

La Coppa Uefa vinta proprio a Stoccarda dove aveva lavorato il padre:

“Mio padre era un dipendente delle ferrovie dello Stato, era dipendente a Stoccarda dove ho vinto la Coppa Uefa. Siamo andati in finale battendo il Bayern Monaco, poi abbiamo battuto lo Stoccarda all'andata e al ritorno in casa loro, era come la Champions League all'epoca. Mio padre si è ammalato proprio in Germania, quando è tornato abbiamo visto un altro uomo, faceva paura, dormiva con un coltello sotto il cuscino, c'era sempre paura potesse accadere qualsiasi cosa. Gli dissi una volta tornato a casa dal carcere che forse una visita medica poteva aiutarlo, mi diede un cazzotto perché lo prese come un tentativo di riportarlo in carcere. Mio fratello è entrato nella collutazione, poi mio padre è andato sul tetto e si è lanciato, suicidandosi, è morto mentre giocavo a Reggio Emilia”.

Infine un messaggio:

“Quando si vince qualcosa si vince qualcosa si pensa sempre alla famiglia, agli affetti. Purtroppo a me è mancata per 50 anni, io dico ai figli di tenersi stretti madri e padri”.

Sezione: Notizie / Data: Ven 11 aprile 2025 alle 19:33
Autore: Davide Marchiol
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