"Il destino di un bomber" è la storia della vita nonchè nuovo libro biografico di Andrea Carnevale. Il responsabile dell'area scouting dell'Udinese ha parlato in una lunga intervista al Messaggero Veneto della sua scelta di realizzare questo libro, partendo dall'episodio del femminicidio della madre e affrontando un tema, purtroppo, sempre più drastico e attuale in questi ultimi anni: "Ho deciso di scrivere la mia biografia perchè mi rendo conto che raccontare l’esperienza personale può aiutare le nuove generazioni. Nell’ultimo anno in Italia c’è stato un femminicidio ogni tre giorni, la situazione, invece che migliorare, peggiora. La mia storia e il libro partono da un orfano di 14 anni che ha perso sua madre uccisa dal marito. Trovai mia madre sul greto di un fiume in mezzo a una pozza di sangue. Ero andato in passato a denunciare ai carabinieri le violenze che mamma subiva, mi sentivo sempre dire che fino a quando non vedevano il sangue... In famiglia eravamo sette figli: Tre femmine, un maschio, il sottoscritto, un’altra femminuccia e un altro bimbo. Un paio di loro hanno avuto conseguenze, non è stato semplice uscire da quella situazione. Mio padre si suicidò 5 anni dopo davanti ai miei occhi buttandosi da un balcone. Morì due giorni dopo. Fu una liberazione per tutti noi. Questo dramma mi ha segnato per sempre, ma sono stato bravo a non piangermi addosso e a pensare a raggiungere i miei obiettivi. Lavoravo di giorno prima come fabbro e poi al mercato, guadagnavo 15 mila lire a settimana e alla sera andavo ad allenarmi. Ero un bambino, ma mi sentivo già adulto. Sapevo che dovevo sfruttare le mie qualità calcistiche per essere di sostentamento ai miei fratelli. Uno di loro, Germano, era un grande calciatore, vinse lo scudetto con la Primavera della Roma assieme a Righetti e Desideri, ma quel dramma non l’ha aiutato". 

Carnevale prosegue poi parlando delle figure che lo hanno aiutato di più nel mondo del calcio: "Ne cito due. Luis Vinicio che ho avuto come allenatore prima all’Avellino e poi a Udine e Gianni Di Marzio con il quale ho lavorato a Catania". 

Poi, il responsabile dell'area scouting bianconero racconta quale è stato il momento in cui ha capito che sarebbe diventato un calciatore di alto livello: "All'Udinese, quando mi sono ritrovato a cambiarmi in spogliatoio con Zico. Poi quando tre anni dopo sono andato a giocare a Napoli con il più grande della terra, Maradona, l'ho considerato più un punto di partenza che di arrivo. Non esiste compagno che non abbia amato Diego. Era il ragazzo più buono e generoso del mondo e aveva grande umiltà. Io e lui ci siamo raccontati tutta la nostra vita, Maradona era uno che sapeva prenderti per mano e aiutarti, lo ha fatto con tutti".

Infine, il racconto del suo rapporto con l'Udinese: "Tornai a Udine da calciatore e fui il centravanti dell'ultima Udinese che vinse la Serie B. Mi feci male al ginocchio in una delle prime partite ma tornai in tempo per la volata finale. Qualche gol lo segnai: tripletta alla Lucchese, doppietta al Venezia. Non rimasi perchè non mi sentivo più all'altezza della Serie A. Da dirigente arrivai a Udine nel 2001, in piena tempesta giudiziaria con l'accusa di spaccio. Devo ringraziare Gianpaolo Pozzo che mi disse che dovevo assolutamente venire via da Roma e andare a lavorare a Udine. Un ruolo importante lo rivestì anche Pierpaolo Marino. Dopo 24 anni sono ancora qui. Devo tanto ai Pozzo. Fino ad oggi non ho mai avuto la tentazione di fare una nuova esperienza. A Udine sto bene, ho moglie e figlia con me. Certo, adesso ho superato l’esame da ds, nessuno mi ha mai cercato, ma mi piacerebbe cimentarmi in questo ruolo. Fuori dal calcio? Vorrei collaborare con “Telefono donne”, essere da megafono per eventuali pericoli. A mia figlia, che ha 22 anni, ricordo sempre che anche un sms ricattatorio è violenza".

Sezione: Notizie / Data: Mer 09 aprile 2025 alle 09:10
Autore: Mirko Mauro / Twitter: @mirkomauro95
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