Gol, gol, gol ed ancora gol. Non importa come, se con l’interno o con il collo del piede, se di testa o in girata, se in mischia o dopo un dribbling, se su calcio piazzato o su azione. In un modo o nell’altro, Oliver Bierhoff riusciva ad eludere la marcatura ed a depositare in rete la palla fornitagli da un compagno. Era incredibilmente puntuale con l’appuntamento con il gol. Veloce, rapido, forte fisicamente, dotato di un tempismo straordinario e di una notevole capacità di leggere gli sviluppi dell’azione, ha incarnato perfettamente l’ideale di attaccante d’area di rigore moderno. Classe 1968, è nato a Karlsruhe ed è cresciuto calcisticamente con l’Amburgo, prima di tentare l’avventura all’estero. Si è messo in mostra con il Salisburgo, ma, dopo qualche stagione difficile, ha trovato ad Udine la sua dimensione. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. A distanza di anni, l’attuale team manager della nazionale tedesca rivive, con un pizzico di commozione, l’avventura friulana:
“L’Udinese è stata sotto l’aspetto emozionale il momento più bello della mia carriera. Venivo da situazione particolarmente difficile con l’Ascoli. In tre anni ad Udine siamo cresciuti continuamente. C’era un grande spogliatoio. Quella squadra era divertimento puro. C’era un bel clima in allenamento con i tifosi e con l’intera città. Ricordo sempre questi tre anni come i momenti più belli della mia vita calcistica. Grazie all’Udinese sono diventato, in seguito, anche capocannoniere. E poi sono anche riuscito a conquistarmi un posto in Nazionale”.
Dunque nemmeno l’esperienza al Milan, con la conquista dell’agognato scudetto, può essere paragonata alla vita in quel di Udine? Bierhoff non ha dubbi:
“Vincere lo scudetto a Milano è stato indubbiamente molto bello, ma l’Udinese rimane nel mio cuore. Fin dal primo minuto con questa maglia c’è stato qualcosa di speciale. E poi dal primo gol con il Cagliari la storia è andata in crescendo”.
In 86 incontri sono arrivati 57 squilli. Una media da capogiro. L’annata più redditizia rimane il 1997/98, con le 27 reti ed il titolo di capocannoniere. Ma, tra i tanti gol con la maglia bianconera, quali sono i preferiti di Bierhoff? Lui sorride e riflette. Poi racconta:
“È sempre difficile scegliere. Comunque, ci sono due gol speciali: il primo è quello realizzato nella partita contro l’Ajax, in cui ho fatto l’uno a zero. Allo stadio si respirava l’atmosfera particolare di giocare in Europa. Era davvero bello per la squadra. Tra l’altro, ricordo di quel periodo anche la grande amicizia con Calori, che ha dato tantissimo al team. E poi il secondo gol più bello è quello segnato contro l’Inter, in cui ho rubato l’attimo ai difensori per colpire di testa. Con quella vittoria, siamo balzati in testa, primi in classifica a ridosso delle vacanze natalizie. Una bella sensazione”.
Si può dire che le partite da lui citate siano anche le sue preferite? Il campione d’Europa 1996 smentisce e rilancia:
“No, ce ne sono state anche altre. Ricordo anche il 3-0 alla Juventus nel 1997. È stato espulso subito Geneaux, ma noi abbiamo reagito alla grande. Una gara giocata a memoria”.
I tempi dell’Udinese erano speciali per via di un gruppo unico e particolare. A Bierhoff sono rimaste impresse tante piccole cose, mai banali e scontate. Dettagli che ancora adesso si porta con sé:
“Ricordo spesso quando, di martedì, riprendevamo l’allenamento. A volte ci portavamo la pizza nello spogliatoio o si usciva a prendere un bicchiere di vino, una volta finita la sessione. Fare battute e scherzare è stato l’aspetto più bello dello spogliatoio. Ma non c’erano solo momenti divertenti. Ricordo quando Calori ci ha raccolto nella sua camera d’albergo per parlarci e darci una svegliata. Aveva i brividi e quasi piangeva d’emozione. Roba da pelle d’oca”.
L’addio al Friuli non è stato semplice da smaltire. Eppure, quando si parla di quella regione e di Udine, l’ex attaccante tedesco sembra illuminarsi:
“I friulani sono persone tranquille con cui si può scherzare. È gente buona, mi ha accolto bene dopo l’esperienza all’Ascoli, dove era stato più difficile ambientarsi. I friulani sono stati molto gentili, anche quando passeggiavo in centro ad Udine. Non sono mai stati morbosi. Ripeto, in quella regione ho trascorso tre anni bellissimi. Ricordo anche le lacrime quando sono andato via dal Friuli. E mi è dispiaciuto quando ho fatto gol contro l’Udinese, quando ero al Milan, ed i tifosi bianconeri si sono risentiti. Un giorno, spero di tornare ad Udine a salutare i supporters”.
È una promessa, Oliver?
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