All’ultima partita stagionale davanti al proprio pubblico, l’Udinese offre una prestazione orgogliosa. Grinta, determinazione e voglia di lottare, qualità rimaste troppo spesso chiuse nello spogliatoio in questo deludente finale di stagione, tornano a farsi vedere contro una Fiorentina vogliosa di Europa. Ma non basta: finisce 3-2 per i viola, che approfittano della superiorità numerica nella ripresa per strappare i tre punti e tenere vivo il sogno continentale.
Il turning point del match arriva al 39’: espulso Bijol per un intervento su Pablo Marì, una decisione che lascia sconcertati per tempistica e dinamica. Il difensore sloveno entra deciso ma sul pallone, e solo successivamente impatta l’ex compagno. A fine partita il Group Technical Director Gianluca Nani non le manda a dire: “Ingiusta l’espulsione, c’era anticipo netto sul pallone”. Difficile dargli torto. Undici contro undici, chissà, forse l’epilogo sarebbe stato diverso.
Nonostante l’inferiorità numerica, l’Udinese tiene botta con coraggio, trovando il momentaneo 2-2 con il terzo gol stagionale di Kabasele, il migliore in campo tra i bianconeri. Ma alla fine soccombe, ancora una volta. È l’ottava sconfitta nelle ultime dieci gare, con solo un pari contro il Bologna e una vittoria a Cagliari a spezzare il filotto negativo. Il calo verticale di questo finale di stagione, iniziato dopo la quota salvezza, ha spento l’entusiasmo acceso durante l’inverno.
E così, una stagione che doveva rappresentare il rilancio dopo l’annus horribilis del 2023-24, si chiude sì con un miglioramento (+7 punti), ma senza quel cambio di passo strutturale atteso con l’arrivo di Kosta Runjaic. Le parole del tecnico in conferenza suonano come un congedo: “Ringrazio per l’opportunità che mi è stata data”. Difficile pensare che sarà lui a guidare la prossima Udinese.
Anche perché, all’orizzonte, si profila una svolta epocale: la cessione del club, o almeno di una parte significativa delle quote, a un fondo americano. Il futuro è tutto da scrivere, ma una cosa è certa: sarà rivoluzione. Con Bijol già ai saluti, Lucca e Solet nel mirino delle big, l’Udinese 2025/26 sarà un cantiere aperto.
Da chi ripartire, allora? Atta, rivelazione dell’anno, è un punto fermo. Karlstrom ha offerto certezze in mezzo al campo, Ekkelenkamp qualcosa ha mostrato. Pafundi, Palma (ieri l’esordio in A), Iker Bravo e Pizarro sono nomi che hanno il sapore di futuro ma che fino ad oggi hanno avuto troppo poco spazio. Puntare sui giovani sì ma con decisione altrimenti meglio lasciargli crescere altrove. Sanchez, ieri titolare, ha chiuso con l’amaro in bocca dopo mesi di panchina. Su Thauvin, reduce da un lungo infortunio, si dovranno fare valutazioni.
La base c’è, ma è fragile. Servirà chiarezza, visione e coraggio per rifondare. Con i Pozzo ancora al timone o con nuovi proprietari, l’Udinese dovrà ricostruire una squadra competitiva per evitare di vivacchiare nella parte destra della classifica. A salvarla resta la certezza della Serie A, il gioiello dello stadio e un pubblico fedele, che anche ieri, nonostante tutto, ha applaudito i propri ragazzi.
Il resto – squadra, panchina, dirigenza – è tutto da riscrivere.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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