Durante l'appuntamento quotidiano di TuttoUdinese "L'Agenda" ha parlato ai nostri microfoni l'ex capitano dell'APU Udine, MIchele Antonutti. Il tema che si è toccato in particolare è la febbre da A1 che sta invadendo Udine, vista l’attuale vetta della classifica. Una febbre che sta contagiando proprio tutti; a dimostrarlo è il sold out del PalaCarnera raggiunto in pochissimo tempo in occasione del match contro la Fortitudo Bologna di domenica 30 marzo.
Un sold out giusto per Antonutti, che ritiene però che a Udine sia sempre stato così: ”È da ringraziare tutti gli anni che Udine ha fatto in Lega A2. Io penso che in tutte le sfide fatte con la Fortitudo, in tutte le sfide fatte con squadre di cartello Udine abbia sempre risposto sold out. È chiaro che adesso c’è bisogno ancora di più della vicinanza, del sostegno, del calore del nostro pubblico perché mai come quest’anno con la formula della promozione diretta si è così vicini a un traguardo importante e come voi ben sapete, solo quando c’è sinergia totale tra la squadra, l’ambiente che lavora intorno ed il pubblico si arriva ai traguardi importanti”.
Un'APU che arriva con grande entusiasmo dopo la partita - trappola con la JuVi Cremona, approcciata in maniera perfetta per quasi tre quarti della gara. Arriva un successo importantissimo e Udine può presentarsi da squadra da battere e che si fa fatica a battere.
“Tutti davano la gara di Cremona come una gara scontata ed invece non lo era perché era una partita che aveva le difficoltà del ritorno dalla Coppa Italia, aveva le difficoltà di sottovalutare una squadra che poteva essere in fondo alla classifica. Quindi c’erano tante variabili pericolose e invece Udine ha fatto capire dalla palla a due che lei guarda direttamente a un obiettivo, a quello che ha in casa, al proprio allenamento e questa è una grande qualità di questa squadra. Se noi pensiamo che il primo posto è meritato è perché è la squadra che ha avuto più costanza rispetto a tutte. Non ha mai perso più di due partite di fila e questo in un campionato così lungo non è mai facile; se voi pensate che la lunghezza e la difficoltà di questo campionato di Lega A2 si vede nel fatto che quando in serie A1 si erano giocare diciotto partite, la lega A2 ne aveva già giocate 29…Un calendario quasi da Eurolega. Quindi va il merito a una squadra che ha partecipato a tutte le competizioni ma non ha mai avuto un vero momento di crisi. Per questo va un grande merito a coach Vertemati e ad una squadra di giocatori che sa cosa vuol dire stare in alto”.
Sta in alto in maniera inaspettata, perché nei ranking ad inizio stagione Apu non veniva messa tra le prime quattro. Invece si è imposta come prima forza del campionato e l’ha dimostrato su tutti i campi e questo ha sorpreso tutto il campionato che vedeva Cantù come grande protagonista e grande favorita assieme a Brindisi o la stessa Fortitudo.
“Udine negli ultimi anni è stata nei ranking sempre prima o seconda, quindi con una pressione veramente tosta, con tutti gli ambienti che davano già Udine come promossa ogni anno. Invece quest’anno io penso che sia stato anche questo un piccolo segreto, perché anche il pubblico Udinese inizialmente diceva vediamo come andrà l’anno, ci giochiamo i play-off…Quindi c’era un ambiente che pian piano si coinvolgeva sempre di più, non dava nulla per scontato e nello sport di scontato non c’è nulla. E quindi quest’anno io penso che tutte queste piccole variabili abbiano portato ad una grande crescita, maturità. L’ambiente ha fatto un salto di qualità incredibile a livello di maturità, pochissime parole, pochissimi sbandieramenti di traguardi, di obiettivi ma semplicemente partita per partita godersi e viverla con grande intensità. Questo penso che sia il segreto per cui Udine stia in questo momento in quella posizione li.
Cantù, ad esempio, è una squadra che era già data - come Trapani - per promossa direttamente senza problemi, con un organico anche troppo forte. Perché anche questo è da sottolineare: ci vogliono in Lega A2 i giocatori che siano adatti a questo tipo di campionato. Spesso ci sono ottimi giocatori di A1 ma che sono magari degli specialisti, sono adatti ad essere dei co-primari. Quando scendi in lega A2 c’è un basket totalmente diverso e in cui gli italiani sono protagonisti, quindi cambia completamente. Non hai sei americani, vengono fuori le personalità dei giocatori. In questo credo che quest’anno si sia vista una grande maturità e completezza da parte di tutti i giocatori della rosa”.
Quali sono le tue sensazioni in vista della Fortitudo, che è sempre un avversario particolare? È una partita che può dire tanto per quell’obiettivo li, contro un avversaria come la Fortitudo ha un valore forse ancora più speciale.
“Si, ha un valore speciale intanto per la tradizione delle due squadre, per il non buon sangue che corre tra le due squadre…Alla fine c’è sempre un energia che corre tra queste rivalità sportive; dovrebbero arrivare a Udine 250 tifosi della Fortitudo, quindi vedremo anche lo spicchio dei tifosi ospiti sovraffollato ed è li anche che si chiederà al pubblico del carnera di essere molto rumoroso, molto vicino ai nostri colori perché sappiamo anche come la Fortitudo abbia sempre un tifo che si fa sentire, che incita la squadra. Detto questo, è la partita che tutti i giocatori vogliono giocare, è la partita in cui nessun allenatore deve dare motivazioni perché automaticamente i giocatori se le trovano da soli. Io penso che coach Vertemati abbia fatto un gran lavoro nella partita contro Cremona perché forse la cosa più difficile era trovare le giuste motivazioni, perché giocatori abituati magari a grandi palcoscenici vanno magari in un campo semivuoto e può venir meno la concentrazione o l’intensità. Invece questa partita contro Bologna è la partita che ogni giocatore attende e quindi sono sicuro che la risposta del pubblico arriverà automaticamente ed anche la risposta dei giocatori. Penso che questa partita abbia un fascino particolare; la partita di Coppa Italia si è giocata nel clima di Bologna, nella loro scala della pallacanestro in cui c’è grande storia; noi abbiamo in questo momento tutto apparecchiato per essere nel momento perfetto per giocarla, con una maturità giusta per giocarla, con i punti di vantaggio giusti e con un attenzione anche alla differenza canestri. A Bologna abbiamo perso, quindi è importante se ci dovesse essere un finale a pari punti anche la differenza canestri perché avere il vantaggio dei canestri vuol dire anche avere il vantaggio dei punti”.
Tu di campionati ne hai vinti. Cosa serve da qui alla fine per portare a casa l’obiettivo?
“Pensare e calcolare troppo a lungo termine un obiettivo spesso ti porta al boomerang, a girare quell’emozionalità non più come qualcosa che ti da energia ma come qualcosa che te la toglie. Questo è quello che Udine sa e lo vede e capisce bene, perché la partita di Cremona è l’esempio: Udine ha giocato subito come fosse la sua finale, non ha dato possibilità a Cremona di entrare in partita, lo scarto minimo era dieci punti. Questa è un altra finale, una partita da giocare con grande entusiasmo ed è una partita. Le altre sei non hanno grande valore adesso perché l’obiettivo a breve termine è una buona settimana di allenamento, una buona cura del proprio corpo, perché adesso ci sono le fatiche di una stagione intera, un attenzione ai propri infortuni ed un idea di squadra in cui il singolo non ha tanto valore. La vittoria è solo un bene comune, se si vince si vince tutti assieme, da chi gioca pochi minuti a chi ne gioca tanti. Se si perde, si perde tutti”.
Udine per scelta non aveva un lungo, però poi nel corso della stagione l’ha trovato in Johnson che è diventato anche un arma in più a livello di fisicità, di presenza a rimbalzo, anche a Cremona è stato il migliore in campo senza dubbio…
“Ci vogliono i giocatori adatti anche alla tipologia di gioco che un allenatore ha. Se noi prendiamo una squadra improntata in un certo tipo di gioco in cui i lunghi non sono l’obiettivo principale, possiamo prendere anche il giocatore più forte del mondo…ma se l’impronta di gioco è diversa, quel giocatore li potrebbe anche sentirsi a disagio in un ruolo in cui è accentratore. I ruoli che ha scelto Udine sono di giocatori che vivono di cose che non vedi nelle statistiche ma li percepisci quando rivedi la partita. Cose che non hanno statistica, ma in un sistema sono importanti: i nostri lunghi sono questi. Poi coach Vertemati ha adattato una coppia che nessuno avrebbe mai pensato potesse essere, quella di Matteo Da Ros da quattro e Xavier Johnson da cinque. Secondo me quest’anno è l’anno in cui Johnson è maggiormente maturato come giocatore e può gestire la propria area; in molti momenti della partita abbiamo Da Ros interno e Johnson esterno e questa intercambiabilità non è neanche facile per le difese. Questa è una delle grandi chiavi, avere due giocatori interscambiabili, intelligenti e che possono mettersi a servizio della squadra anche con le piccole cose”.
Avresti voluto essere in campo ora?
“La vita non è un film. Pensa se avessi iniziato la stagione, mi fossi fatto male e non avessi potuto giocare…Sarebbe stato peggio vivere la stagione da giocatore indisponibile, senza poter dare un aiuto concreto alla squadra. Adesso vivo questa emozione fuori dal campo, potendo lavorare dietro ad una società e godendone da dietro le quinte”.
Non manca un ultimo ringraziamento poi ai tifosi, sempre pronti a sostenere la squadra e che anche in questa occasione hanno risposto subito presenti.
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