Gabriele Cioffi torna a parlare dopo l'esonero all'Udinese ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com: "Per prima cosa voglio ringraziare la famiglia Pozzo, che è da sempre il valore in più dell’Udinese. Nel calcio le strade si possono separare, ma non bisogna dimenticare chi ti ha dato fiducia e io non dimentico. Se riavvolgo il nastro tecnico, invece, va ricordato che la squadra che ho ritrovato aveva contenuti diversi da quella che avevo lasciato. C'era tanta qualità ma serviva un tempo in più per impattare e la principale difficoltà è stata questa: molti calciatori erano in fase di crescita".
Lei però ha comunque lanciato diversi singoli anche nell'esperienza 2.0.
"Sì, per esempio a Okoye ho riconosciuto qualità e mi ha ripagato. Ho visto subito l'esuberanza fisica di Payero, mi è balzato immediatamente agli occhi anche per la capacità di tirare in porta e gli ho dato subito spazio. Lo stesso è capitato anche con Ebosele e Zemura, oppure con Kristensen. Lui ha caratteristiche peculiari: è un gigante ma è veloce, tecnico. Giocatori così devi valorizzarli. Oppure Ferreira, che era chiuso da quinto e per avere più spinta da dietro l’ho messo braccetto. Tanti giocatori di potenziale ma che devono ovviamente poter sbagliare, è comunque bello lavorare in una società che ti dà giovani forti. bisogna lavorare per farli diventare pronti per la Serie A”.
Lucca con lei aveva cambiato marcia. Può essere una soluzione per il centravanti azzurro del futuro?
"Io credo di avergli dato più che altro fiducia incondizionata. Anche quando le prestazioni non rispecchiavano il suo valore. Ha dati incredibili dalla sua: è due metri ma è un finto lento, adesso sta a lui passare da potenziale a campione. Per quanto riguarda l'Italia, a volte c'è di mezzo anche il destino: era stato convocato per lo stage negli USA, poteva mettersi in mostra e invece proprio lì si è fatto male".
Con Samardzic che rapporto ha?
"Buono, se non ottimo. Lui ha sofferto una stagione particolare: ad agosto, per giorni interi, sembrava già dell'Inter, poi a gennaio è arrivato il Napoli... Per un giovane non è facile. Forse la continuità è venuta a mancare perché lo percepivo in un certo modo: un giocatore è anche emozioni, non è che si accende o si spegne a comando. E la condizione, così come la prendi veloce, è facilissima da perdere... Ci sono stati dei periodi particolari, in cui si contavano i minuti, che poi sono diventati giorni e infine mesi. Samardzic ha un grande potenziale, le voci l'hanno condizionato ma per me può diventare speciale, un giocatore da big".
Bijol è reduce da un buon Europeo ed è al centro di voci di mercato. Come l'ha visto a Udine?
"L'ho avuto la prima partita poi è stato 4 mesi fuori per infortunio. Rientrato, l'ho buttato subito dentro perché è uno che dà peso al reparto, anche nelle scelte e nella gestione, e poi è un centrocampista aggiunto in difesa oltre che un grande ragazzo".
Cosa vorrebbe cambiare dell'esperienza 2.0 a Udine?
"Sono mancati punti proprio quando dovevamo e potevamo farli. Parliamo di una squadra che ha battuto Juventus, Milan e Lazio a Torino, Milano e Roma, che ha dato 3-0 al Bologna e poi però è stata ripresa nei minuti finali in partite più abbordabili. La situazione di classifica ha pesato. Grazie alla famiglia Pozzo, Udine ha vissuto e visto un calcio e dei calciatori di alto livello, non è facile per un ambiente così ricco di storia compattarsi e lottare per la salvezza anche se il mantenimento della categoria, soprattutto nel calcio moderno, è il bene più prezioso anche dal punto di vista economico. Ricordo per esempio che col Cagliari potevamo stravincere, alla fine abbiamo pareggiato rischiando di perdere. Giocatori più esperti, magari anche con meno talento, avrebbero gestito diversamente la situazione. Comunque c'è sempre qualcosa da imparare e da non rifare, anche quando le cose vanno bene”.
Tra le due avventure a Udine, la parentesi breve all'Hellas Verona. Che ricordi conserva?
"Anche Verona è piazza importante del calcio italiano. La città ha una forte cultura di attaccamento nei confronti della propria squadra e l'unica cosa che posso dire è che, per quanto mi riguarda, non sono coincisi i tempi del matrimonio".
Prima dell'Italia, l'Inghilterra dove lei ha allenato il Crawley Town.
"Esperienza incredibile, sono ancora in contatto con tantissimi dei giocatori e dei dipendenti. Ho potuto perfezionare il mio inglese, lavorando con e per una cultura totalmente differente. Bei ricordi, ho stretto legami forti. E ricordo con piacere il corso da manager fatto con la LMA (l'assoallenatori inglesi, ndr) in cui peraltro ho conosciuto anche Southgate".
In conclusione, cosa le riserva ora il futuro?
"Studio, mi preparo, ho la volontà di migliorare sempre. Ho avuto qualche richiesta, sia dall’Italia che dall’estero, ma se in questa estate non è successo nulla di concreto non bisogna recitare in negativo, anzi: uno stimolo ulteriore per prepararsi ancora di più".
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